sabato 21 luglio 2012

Lavocedelsilenzio



E poi stavo lì perché non c'era altro posto in cui stare. Non nel senso che non sapevo dove andare, lo sapevo, solo che pensai che lo avrei trovato in qualsiasi posto, quindi tanto valeva rimanere proprio lì, di fronte a scatole e scaffali. Vuoti. Tutto era un vuoto intorno a me. I traslochi della vita in milioni di oggetti, oggetti parlanti. Lo scoprii esattamente in quel momento che tutti quei vuoti in realtà erano pienezze. Tutti quei vuoti di spazio erano pieni di silenzio. Quel silenzio che ti cade addosso, sulle spalle, che certe volte è più pesante di qualsiasi peso. Quel silenzio che parla così forte, che ti racconta tutte le vite di tutte quelle persone che hanno posato le dita su quegli scaffali per sistemare libri, chincaglierie. Quei cassetti, che sono state case di diari segreti, scontrini parlanti, penne senza cappuccio che l'inchiostro delle parole si era seccato.
Tutto parlava intorno a me. Tutto il silenzio cantava di mille vite, mille storie, baci, sesso, amore, odio e omicidio.
Tutto gridava talmente forte che misi le mani sulle orecchie. Non me ne accorsi subito. Ma lo feci per proteggermi dal silenzio. Impiccione, si era messo a fare domande scomode, indiscrete. Indagava dentro il mio vuoto che era pieno di confusione.
Avrei dovuto saperlo che solo la carne non avrebbe mai potuto impedire al silenzio di trovare casa dentro di me. Come un'amante che si fa strada, piano, esperto. Il silenzio entrò perché non aveva altro luogo in cui traslocare. Non era più innamorato di scaffali e scatole. Era innamorato di me.
Lo lasciai entrare perché sapevo che, in fondo, era quello che desideravo, era ciò che avevo atteso da sempre.
E lo sapeva anche lui. Loro. Aveva due facce. O forse di più. Erano bravi a confondere le acque, le vite, le storie. Era giovane e antico. Erano entrambi espressione del tempo, amici, fratelli. Entrambi innamorati di me. Fatti di silenzio e parole. Mute. Poesie di silenzio.
Lessi prima uno e poi l'altro, o furono loro a leggere dentro di me (questo non lo saprò mai), e fu amore. Attrazione. Il silenzio, i silenzi, le parole in rima, echi dalle montagne, riflussi di onde marine, principi e re, tutti saltinbanchi e ubriachi. Silenzi. Vite. Loro due. Un unico silenzio.
Guardai ancora bene, ora vedevo solo la polvere.
Chi sei davvero? Pensai.
E il silenzio, dentro di me, intonò il suo canto a due voci: "chiedilo alla polvere, poi, scrollatela di dosso. Sei piena di noi, adesso."
Divenni scrittrice. Di silenzi che sembravano parole, di parole mute che avevano tanta voglia di gridare. Una confusione isterica che si andava ordinando in segni di inchiostro. Ero divenuta come quelle scatole, piena e completa. Capii che avevo atteso solo che qualcuno mi scartasse, frugasse dentro e trovasse me. Per sempre.



 si ringrazia Matisse.

domenica 15 luglio 2012

Milleancoramille

Mille volte si sogna di morire
mille volte ancora potresti immaginare
come quella volta in riva a un mare
pesci e pescecani a mordere l'amore

Mille estati e senti che non può cambiare
l'onda che ti investe è paura di volare
come quella volta persi sotto il sole
tutti scarmigliati fissi ore e ore

Dentro tutto un mondo fatto per scappare
da ogni insicurezza e poi nuotare
nel cielo della notte a far l'amore
e poi svegliarsi e amore e ancora amore

Mille palloncini da fare scoppiare
che ogni colore esploda dentro al cuore
e rime fatte apposta per vedere
smetti di fuggire, mettiti a sedere

E se restiamo a casa, invece di partire?
per me va bene, basta che stiamo insieme
mille baci e dolci da mangiare
corpi e menti, mossi, e respirare

Mille e mille giorni da gustare
come quella torta da bruciare
che avevamo voglia di stare nell'amore
tutte quelle ore
e ore e ancora ore

Mille volte si sogna di morire
mille volte ancora potresti immaginare
come quella volta in riva al mare
pesci e pescecani a mordere l'amore

sabato 14 luglio 2012

Nellapanciadellabalena

- Guadda!
- Cosa, amore?
- Guadda qua!
Uno scarabocchio colorato d'azzurrro solca la carta immacolata. E' carta semplice, leggera, che con il vento di oggi rischia di finire fuori dal balcone e poi su nel cielo a macchiare un azzurro troppo intenso da sostenere con lo sguardo. Perché ci sono quei colori che proprio non ce la fai, li guardi a malapena, di sottecchi, che fanno quasi paura per la loro bellezza perfetta.
Ma un bambino non vive di quella paura.
Guadda, mi dice, guadda che bello gia (zia).
Guarda zia, non avere paura, vedi quello che vedo io?
Scruto i suoi occhi, che quelli davvero sono perfetti, e mi dico "nonloso" "nonlosoamore, se quello che vedi tu posso ancora vederlo io."
La sua manina intanto attraversa tutto il foglio, è un fiume, un viaggio, cosa vedi tu che non hai nessuna idea di cosa sia ancora la fatica della vita? come lo vedi il mondo, amore mio?
- Guadda! e arriccia le sopracciglia, meditabondo. Assomiglia all'espressione di qualcuno che conosco, un po' serio, un po' buffo. E mi viene un tuffo al cuore del cielo.
- Guadda!
Sto guardando.
L'azzurro si allunga, si allarga e diventa una montagna, la striscia prende vita e sembra persino un'onda.
Eppure da quell'onda emerge qualcosa.
Mi stropiccio gli occhi e la vedo, finalmente, fatta un po' di innocenza che non lascio mai andare, e di amore per la stessa ragione: E' una balena! Esclamo, contenta, sicura di aver visto l'uomo sulla luna.
E lui di nuovo con quella faccia buffissima e sapientina che mi fa montare un sorriso di occhi che mi pare di tenere un  piccolo sole dentro.
"Ma no gia, è una banana!!!"
E certo, hai ragione tu, è proprio una bella banana azzurra.
"E quella la vedi?"
"Coccia? (cosa)"
"Non è una stella?"
"Ohhhh velo (vero) sai, è una tella!!"
Vedi che sono ancora capace?
E dentro alla pancia sento un languorino, come un desiderio piccolo piccolo.
E io sono la balena che ha ancora fame di sogni e colore.