martedì 12 novembre 2013

una notte intera

E poi venire da te, venire con te, piangere e non pensare. Scaricare il dolore nelle tue ossa mentre si fa l'amore, già esausti a fine giornata. Sfondare le barriere, che la tua spinta è mia leva per uscire dalle pene, dalle delusioni, e poter accogliere di nuovo vuota, tutto l'amore che hai da dare. Per il solo piacere di ricevere,  prendere, mai consumare.  Mai solo consumarti, ma sfinirti Sì.  Finire tutto in un solo gesto liquido,  un'ultima intensa carezza, la tua. E spegnere tutto, piangere ancora, sfogare il dolore e l'amore. Chiudersi nel nostro abbraccio. Per una notte che suona come tutta la vita.

sabato 9 novembre 2013

innamorarsi

Chissà come fanno gli uomini,  chissà cosa fanno.  Chissà cosa sanno quando si innamorano. Le donne s' accorgono che un cuore si commuove, e si stringe per far pressione al sangue, concentrandolo in un unico punto, che poi esplode tutto intorno, pure fuori dal corpo. Si mostra in bella vista che gli altri pensano: quella sta vedendo una cosa bellissima e si voltano nella direzione dello sguardo ma non capiscono. La donna si tiene l'immagine dell'amore dentro.
Ma chissà l'uomo che si tiene dentro quando s' innamora. Forse tutto dentro un silenzio testardo e bastardo che a volte trema di paura e a volte di rabbia. Forse nel pugno d'impotenza che vorrebbe essere carezza ma proprio non riesce, per paura di fare male o farsi male toccando l'amore da così vicino.
Che stranezza, che dolcezza questa loro differenza: la donna che carezzerebbe di continuo, l'uomo che riceverebbe volentieri, ma non dice.
La donna che desidera quella carezza e per riceverla, la concede per prima. L'uomo che se la prende e non la restituisce, non allo stesso modo, a rischio che lei fraintenda un non amore.
Innamorandosi piano si fa la stessa confusione di un amore che scoppia all'improvviso. E quanto tenera è quella confusione, muoversi nella nebbia delle parole taciute e nei gesti trattenuti.
Quanto più bello però, è scoprire di amare al di là dell' Innamoramento, dove la nebbia alle volte è ancora più densa, ma non impedisce mai al cuore che ama, di vedersi ricambiato dal cuore dell'amato.

giovedì 7 novembre 2013

uscire ed entrare

Possiamo uscire, possiamo andare. Possiamo chiudere le pagine, avvicinarle pianissimo, perché non vogliamo angoli piegati, vogliamo vite stese come corpi sotto il sole. A bracciate in un mare d'inchiostro, ci muoviamo potenti, con i polmoni aperti e gli sguardi accesi. Chiudiamo le palpebre, la luce fuori è brillante. Mi tieni la porta e io faccio il primo passo e mi prende una paura folle che ti richiudi dentro. Ti sto di spalle, se è come temo, non voglio vedere. Sento solo il rumore, come il tonfo di un tomo che si chiude sul tavolo. Mantengo il respiro regolare, aspetto galleggiando. Poi la tua mano mi sfiora il palmo, e l'aria ricomincia il suo giro. La prossima bracciata è verso riva, amore, la tempesta è finita.

martedì 29 ottobre 2013

per trovare la strada di casa

ti dico cosa ho fatto per arrivare a questo punto
sono rimasta chiusa fuori dalla porta e ho perso la chiave, quella che dovevi tenerla tu ma poi l'hai data a me e io chissà dove l'ho messa
ah sì, l'ho portata dal tipo che fa le copie e l'ho lasciata là, mi sono ricordata che una l'avevi messa sotto il tappeto, che sotto la pianta era troppo facile
solo che non l'ho trovata sotto il tappeto e nemmeno sotto la pianta e allora ho pianto e mi sono messa sulle scale, che ti aspetto lì mi son detta, dai piedi ti avrei visto, bastava solo tirare su il naso
ma mi sono ricordata che le scale erano a chiocciola e la chiocciola mi crea problemi, allora mi son spostata e mi sono messa davanti all'ascensore
solo che l'ascensore s'è rotto e non si apriva più allora ho detto: magari c'è un montacarichi fuori dalla finestra
allora sono salita sul montacarichi e faceva un freddissimo proprio, non pioveva ancora, ma ci avrei scomesso che mentre salivo da te avrebbe certamente cominciato
infatti a metà strada ha cominciato a piovere, e ad ogni piano accumulavo il freddo, e avevo paura anche di finire l'ossigeno; so che in montagna, quando si scala, bisogna conservare il respiro che quello si perde strada facendo e chissà perché più sali più vai in apnea, manco stessi al mare, sotto l'acqua. Anche se sotto l'acqua mo' che piove ci sto davvero e quindi il paragone non è poi così sbagliato
solo che mi sono vestita leggera per questo tempo, non ero attrezzata per salire, ma ormai che sto salendo non voglio certo scendere e quindi mi tengo il freddo e la pioggia e non mi fermo
solo che si ferma il montacarichi
allora picchio i pugni contro la finestra così una vecchia si sporge e mi prende per una maniaca e chiama la polizia, e magari anche i vigili del fuoco
beh, non ci crederai, ma sono arrivati davvero i vigili, allora ho detto: mi presta la scala, io devo salire là in cima, ma sono sfortunata sfortunatissima con i mezzi di trasporto, che le scale mi fanno paura, gli ascensori si sono rotti da qualche parte, i montacarichi si sono fermati e le vecchiette, insomma, le vecchiette non ti fanno mai parlare eh, ti aggrediscono e basta
però meno male che vi ha chiamato, così mi potete accompagnare su
ma non mi volevano accompagnare, allora ho detto che mi sono dimenticata il gas acceso e avevo paura che scoppiasse un incendio e allora se non facevano il loro dovere, toccava farlo a me. ma ecco mi sa che un po' il pompiere s'è offeso e allora mi voleva portare giù e io mi sono messa a piangere ancora. allora quello ha capito che non era il gas, che non era il fuoco, che non era la vecchietta, che lassù c'era il MIO GATTO e io dovevo salvarlo, cioè dovevo salvarmi, cioè bisognava fare qualcosa a tutti i costi. ma io non sapevo che cosa dovevo fare ancora
e allora il pompiere ha chiamato batman, ci crederesti?
beh, ma a me batman non sta tanto simpatico, si fa troppo figo per via di tutti quei gadjets, che dico io, non te la devi tirare perché hai il portafoglio gonfio
allora ho chiesto al pompiere se per caso conosceva l'uomo ragno, ché lui è umile e sfigato come me e mi può capire, ci sarebbero state tante cose di cui parlare durante la salita per arrivare a casa
allora il pompiere mi fa, no mi spiace niente uomo ragno, ma nel frattempo hanno aggiustato l'ascensore se volevo.
beh sì, io volevo proprio eh.
allora niente, ho salutato il pompiere ma la vecchietta no e sono rientrata dentro piena di pioggia, contrattempi e freddo freddissimo.
beh, ho aspettato l'ascensore al caldo ma gocciolavo parecchio, mi sembrava di sciogliermi ad ogni minuto. e ho pensato: se mi sciolgo come ci torno a casa? se mi sciolgo come facevi a raccogliermi? col mocio vileda? allora mi son detta: no dai non mi scioglierò, mi asciugherò nel tragitto
quindi alla fine sono arrivata a casa, ho suonato, mi hai aperto, ero asciutta ma avevo ancora freddo, allora mi hai detto: dai andiamo a letto.
e qui ce lo mettiamo proprio un punto che non voglio andare da nessuna parte co' sto freddo, voglio rimanere al caldo con te. punto. .

venerdì 18 ottobre 2013

amore a lunga conservazione

- dai, facciamo a metà?
- no, metà no.
- dai, facciamo a tre quarti?
- non s'è mai visto pagare così.
- dai, facciamo un decimo? Un decimo ti me e di te, di tutto, insomma. E poi risparmiamo per i tempi duri.
- ma io non condivido.
- inizio io, poi tu, poi io, poi tu...
- ma così scompariamo, dove andiamo se ci mettiamo da parte in tutto?  Se conserviamo ogni cosa?
- beh, ma se io conservo te e tu me, alla fine non siamo la stessa cosa?
- mi sento un barattolo di sugo.
- io di pesche sciroppate.
- quelle mi piacciono.
- a me piace il sugo.
- mh.
- che facciamo,  ci apriamo?

mercoledì 16 ottobre 2013

siamo consanguinei

siamo frasi da girare, da riscrivere. mai dimenticare.
siamo i margini consumati di pagine maltrattate.
e la pioggia di ogni tempo ci cade addosso come se portassimo il peso di mille vite che non ricordiamo, e ci cancella tutte le parole
cerchiamo negli angoli un canale di scolo e piangiamo
siamo noi il canale, ci proteggiamo l'anima dal freddo
è un mondo sbagliato di regole sbagliate in posti sbagliati per tempi sbagliati
ma se l'unica cosa giusta fosse solo un incontro?
uno su tutti, contro tutti gli altri, che si fa posto a gomitate tra i ricordi, quelli di questa vita.
e se però i problemi fossero antichi quanto antico è il mondo?
se non fossimo in grado di perdonare quello che già avremmo dovuto in una vita precedente?
se l'anima che chiamano gemella fosse una vita appesa, appesa ad un'altra vita, appesa ad un'altra vita?
chi li azzera i nostri torti? la prossima esistenza, forse?
rimandiamo a domani come se ci fosse per diritto, ma sento che non esiste, non esiste più domani e delle zavorre della mia attuale vita ne ho così tante, che portarsi appresso pure quelle di prima sarebbe troppo.
e allora il passato non esiste. perché tanto la memoria la perderò per sempre.
non esiste quell'anima gemella, che me ne faccio di un'anima che m'è rimasta appesa? non la desidero. però la perdono, però ne imploro il perdono.
e sto qui, nel presente, in questo istante, in cui insieme alla pioggia, amo e soffro.
e posso cadere mille volte perché sono goccia, e posso piangere mille lacrime perché sono acqua che scola via dal corpo
e sono fuori e dentro al corpo e ho ancora freddo, siamo quel che siamo, siamo miseri, intendo.
siamo pozzanghere sporche, scarpe infangate, membra intorpidite
siamo così sbagliati dentro e fuori, non combaciamo affatto, ci feriamo di continuo
il sangue che si mescola con acqua piovana, questo siamo.
solo che quell'incontro lì, quello in mezzo alla pioggia, io ci torno per tornare a sentire il tuo calore sulla pelle fredda.

sabato 12 ottobre 2013

le tue impronte

Ci sono le impronte che lasci la notte, quando ti muovi, finalmente ti svegli.
Le trovo al mattino, nelle lettere che mi lasci sul cuscino.
Scrivi parole d'amante, lo sai questo?
Però te ne vai. Perché te ne devi andare la mattina,  in quella prima ora, quasi vedo svanire la tua immagine. Si alza dal letto, si fa un giro per la stanza e si fa porta. Diventi di legno un attimo prima di sparire.  Stai lì, aspetti, non sai se voltarti e guardarmi.  Girati dai, non vedi che dormo, che sogno? Lo vedi che sono sveglia sulle tue tracce? Certe volte sono rosse come il sangue. Sono sangue. Smetti di graffiare i muri,  ti fai male e io non ti posso curare al mattino. Vai via un attimo prima dell'inizio della guarigione. Allora stanotte ti lascio tutto sul comodino: garze, acqua ossigenata e crema. E amore.
Certe volte i tuoi segni sono neri, parole che confondi con altre, confondi te stesso per confondere me. Sappi che ci riesci. Mi prendi, prendi te e ci fondi.
Poi ci sono quelle notti in cui non vedo, ma sento, e le tue impronte sono gesti trasparenti ovunque: sul mio corpo, sui muri. Perfino le luci tocchi, le accendi toccandole, toccandomi. E ti bruci.
E sono di nuovo garze che ti lascio.
Cosa ne fai, cosa ne farai?
Perché penso che, sciocco come sei, te le terrai intatte, le collezionerai per ricordare le nostre notti. Ti immagino perfino catalogarle.
Le terrai per tenerti le ferite aperte.
E terrai me per curarle.
Allora che fai li dove sei. Voltati ora. Salutami e conservami.
Torna domani, ho voglia di leggere tutto quello che ancora, con le tue impronte, mi scriverai.
Perché fingi di non saperlo, ma lo sai, lo sai anche tu che tornerai.

lunedì 30 settembre 2013

ti ho fatto la spesa



Ti ho messo un po’ di me, non nelle cose, nei gesti, così non li consumi o non li lasci andare a male.
Rimangono, dentro il frigorifero, congelati, conservati, preservati dal tempo.
Io non voglio avere scadenza per te.
Le uova le prendo per prime, apro la confezione, le maneggio con la delicatezza che si riserva al vetro, le metto una ad una nello scompartimento. Mi piace farlo piano, mi piace sentire la sensazione di riempimento della forma.
Le buste delle cose non fragili le svuoto sul ripiano davanti al lavello, quasi senza cura, come uno sfogo, il sollevamento di un peso. Te lo dico, potresti trovare dei piccoli avvallamenti sui pomodori o sulle pesche. Saranno piccoli, non fare quella faccia sconvolta. Neanche te ne accorgerai.
Tocca alle scatole di legumi che io non sopporto, ma siccome la spesa è per te, mi sono sforzata parecchio. Dato che i gesti sono miei, però, sappi che li troverai in fondo ad ogni ripiano, lontanissimi da te. Quindi affonda il braccio come faccio io in questo momento, affondalo e prendi a caso, quello che esce te lo prepari e me lo dici. Puoi anche non dirmelo, basta che lo fai così: scatola di legumi a sorpresa!
La carne la porto via con me, ho carenza di ferro e mi piace il sangue.
I surgelati sono pochissimi, ché nel congelatore c'è poco spazio e io voglio che ci tieni i miei gesti, quindi...
Thè c'è, quello al bergamotto, non mi chiedere perché, credo di saperlo da qualche parte nel cervello il perché, ma non lo riesco ad afferrare. Ho comprato a sensazione.
Il caffè anche, te lo metto con lo zucchero di canna, la mia amica che fa bene i dolci mi ha detto che fa meno male perché è meno trattato. Ecco, così ti fai meno male.
Per i superalcolici chiedi ai tuoi amici, sono mezza astemia, che già mezza vuol dire partire per la tangenziale ovest e tornare solo in tarda sera.
Niente, credo di aver preso l'essenziale, il resto prendilo da te. Ma non con i miei gesti, con i tuoi.
Così puoi fare il confronto.
Ah, la cassiera della cassa 3 non mi piace per niente, mi ha chiesto come mai uso la tua tessera punti, e lo ha fatto con uno sguardo come a dire: sei la nuova? Ma la nuova de che?! Dammi quella tessera e fatti i cazzi tuoi!
No, non ti preoccupare mica le ho detto così davvero, però, ripeto, non mi piace. Se a te non spiace troppo, da domani puoi andare alla cassa 5? C'è un'adorabile vecchietta. Grazie.
Ti scrivo baci baci sullo scontrino, che poi i baci non hanno prezzo eh, ma così conservi lo scontrino. Che poi non so perché dovresti conservarlo, fai come ti pare.
Però se proprio vuoi tenerlo, sappi che mi piace accartocciarli o piegarli tantissimo o anche strappare piccoli bordi. Insomma chiama il 118 se li vedi messi troppo male ok? Non vorrei vivere con questo peso sulla coscienza.
Mi sono fatta anche un piccolo regalo, te lo metto dietro la tenda in soggiorno, mettigli l'acqua una volta al giorno, non ti dimenticare. Se ti dimentichi io lo verrò a sapere. Oppure fai così, dimenticati così la prossima volta ti lascio un memorandum anche sui miei gesti ecologici.
Vado.
Mh.
Vado.
Ah, lo sapevo che mi dimeticavo qualcosa: t'ho sparso baci perugina che odi per tutto l'appartamento: NON FARLI MANGIARE AL GATTO.
Vado sul serio ora. Ciao.

sabato 28 settembre 2013

paguri si nasce

Come i paguri facciamo, ci raccogliamo tutti dentro a qualcosa e ne facciamo casa.
Quando apriamo gli occhi è già odore di mare, sapore salato per qualcosa che abbiamo vissuto o che abbiamo visto accadere negli occhi degli altri.
Prendiamo appunti chiedendo favori ai polpi e senza dire grazie, ripartiamo.
Andiamo piano per i sassi, di fretta non ne abbiamo, ché pure raccogliere le forze è uno sforzo. Poi con le idee nella testa, ci spostiamo.  A grandi passi si perdono parole, gesti, le cose che incollano le persone alle storie, allora procediamo così, accorgendoci dei particolari del paesaggio. Salutiamo con garbo le stelle marine che pensano di far splendere le acque, giochiamo con i cavallucci che ci fanno le bollicine addosso.  E andiamo. Prendiamo e cerchiamo di coprire il nostro corpo molle e affaticato con delle alghe. Ma son coperte leggere, che non ci fanno il guscio, sono ripari di frasi scritte velocemente, che si perdono con la corrente.
E allora continuiamo.
Arriva sempre quel momento del riposo, del nascondiglio segreto, lo cerchiamo per riprendere fiato, per annichilirci, per distrarci.
O per cullarci.
Come paguri siamo, portiamo in giro le parole e i sentimenti e quando vediamo case diroccate, abbandonate, dimenticate, noi ne facciamo casa.
Prendiamo a prestito il resto degli altri e lo facciamo nostro per un po', per un viaggio, forse due. Lì ciò che è stato lasciato a brandelli si fa storia di nuovo, stiamo al caldo in quella conchiglia prima vuota, e la riempiamo con le idee del cammino.
Quando si fa brutto il mare, arrabbiato e confuso, noi stiamo lì,  al riparo nelle storie, perle nascoste in una casa che non è madre, ma nostra salvezza.
Come i paguri siamo, nasciamo nudi, scoperti e raminghi, desiderosi solo di trovare quel luogo, quella storia, che dia un senso, un calore.
Ah, i paguri sanno amare tutto e lo sanno fare bene, partono dalle macerie e si fanno ponti, strade, vie segrete e pazienti. Si incontrano tra loro, qualche volta si parlano, scambiano conchiglie, alghe e inchiostri.
E qualche volta, fanno casa insieme.
Paguri si nasce, noi siamo come i paguri, stiamo nella stessa storia, la scrivamo, la commentiamo, la osserviamo e la raccontiamo.
Noi siamo come i paguri, ci prendiamo a prestito, ci scambiamo le case in continuazione, ci teniamo al caldo con quello che c'è, come possiamo. E lì, l'uno dentro l'altro, stiamo.

martedì 24 settembre 2013

ci sta tanto sarcasmo, e ti asmo,

- se fossi in me ti metterei in valigia
- saresti pazza, in valigia non ci sto!
- quante storie!
- davvero tante
- comunque basterebbe farti a pezzi...
- no, grazie
- piccoli da scomporti e lasciarti in giro per la stanza
- amami allora
- in che senso
- è l'unico modo per farmi a pezzi. E dammi in pasto alle balene
- e gli squali,  poverini?
- e pure a loro...
- va bene
- cosa?
- amarti
- serial killer
- ti amo ti amo ti amo ti amo
- una variazione sul tema?
- ti pesco ti pesco ti pesco ti pesco
- ma ste cose le pensi di notte?
- in effetti sarebbe l una e cinquanta due
- e stai sveglia a scrivere ste cose?
- c'ho l'insonnia
- curati
- non è una malattia,  almeno credo. L'amore lo è.
- e curati
- no dai, sennò come le scriviamo l'ottanta per cento delle cose che scriviamo?
- con tanto sarcasmo?
- poveri pesci
- che?
- niente, non volevo uscire dalla metafora
- mi spiace deluderti, ma siamo partiti dalla valigia
- e dove siamo finiti?
- sul Tevere,  a pezzi
- allora, vuoi chiudere?
- veramente non volevo manco aprire
- la valigia, dico
- fai uscire le farfalle prima
- dallo stomaco?
- che brutta immagine
- povere farfalle pure quelle usiamo
- poveri pesci
- le balene sono cetacei
- e con ciò?
- ti devo fare a pezzi piccolissimi così ti scambia per gamberetti
- amami tantissimo
- non staresti bene con tutti quei piercing
- mo' passiamo a parlare di tatuaggi?
- non mi piacciono tanti tatuaggi...
- me ne basta uno
- cosa?
- ancora
- hai mai notato che somiglia ad un amo gigante?
- amiamoci enormemente
- va bene, ma se siamo così grandi per farci a pezzi ci vorrà una vita
- anche due, a me va bene
- quanto sei romantico
- aromatico?
- no, tu non mi ascolti
- sono pure le due e undici eh
- bene, andiamo a dormire
- andiamo a sognare
- di amarci?
- che incubo...
- non se sogni insieme a me
- l'aromatica sei tu
- alloro
- stai come il prezzemolo
♡ ♡ ♡ ♡

martedì 10 settembre 2013

Pensieri in eccesso


-        Ti annoi?

-        No. Penso.

-        A che pensi?

-        Non so di preciso. Tutto e niente.

-        Troppa roba.

-        Direi.

-        Allora prova a ridurli, i pensieri.

-        In che modo?

-        Passali al setaccio.

-        Mica è farina. Più pioggia direi.

-        Scolali allora.

-        E se poi si perdono?

-        Meglio così. Se fossimo fatti per trattenere saremmo immense bacinelle.

-        Magari lo siamo.

-        Non credo. Straripiamo.

-        Quindi, un punto a favore delle bacinelle.

-        Ma pensa te.

-        No guarda, basta pensare per un po’.

-        E come fai quando non pensi?

-        Ascolto musica.

-        Io tolgo senso alle parole.

-        In che senso?

-        Prendo un testo che ho nella testa e tolgo il significato, come se non avessero un’etimologia specifica.

-        E perché?

-        Perché le parole possono pesare moltissimo.

-        Allora meglio passarle al setaccio. Non mi va che si perda il senso, la direzione delle parole. Meglio al massimo conservare solo quelle che hanno una certa qualità.

-        Ah, quindi alla fine mi dai ragione.

-        Su cosa?

-        Sul setaccio.

-        Fammi capire, fai giri di parole solo per fare in modo che io arrivi alla tua posizione di partenza?

-        Può darsi.

-        Subdola.

-        Può darsi. Ma più inconsapevole direi.

-        E di cosa siamo consapevoli ormai?

-        Delle parole. Per questo ce ne vogliamo liberare certe volte.

-        Ma senza, che rimane?

-        Io mi chiedo piuttosto perché hai così paura di perderle per strada.

-        Il senso. La direzione.

-        Forse quello di cui hai paura è perdere il senso di te e non delle parole.

-        Io sono le mie parole.

-        No, sono loro a essere te.

-        E che differenza c’è?

-        La consapevolezza: tu SEI indipendentemente dalle parole. Non credo che la nostra essenza possa essere definita così facilmente.

-        Quindi che siamo arrivati a dire?

-        Che hai paura di essere senza fine.

-        Mi piacciono le fini.

-        A me no, sono limitanti.

-        Ti illudi, tutto finisce.

-        Fine è solo una parola

-        Ma la vita finisce, l’amore finisce, tutto insomma. Invecchia e finisce.

-        Forse i pensieri no. Quelli li limiti mettendoli per iscritto, ma proprio perché lì rimangono, allora non finiscono.

-        Le idee.

-        Sì.

-        Può darsi.

-        Mh.

-        E nel frattempo?

-        Niente. Continuano a piovere pensieri.

-        Non ne usciamo. Trovami un modo semplice per uscirne.

-        Non usciamo. Stiamoci dentro.

-        Impazziremo.

-        Anche la pazzia ha una fine. Ma se il pensiero è pazzo, finisce?

-        Così ti stai complicando l’esistenza.

-        Ricominciamo.

-        Tutto il discorso?!

-        Perché no?

-        Fino a quando?

-        Fino a quando finiranno tutti i pensieri.

-        E’ impossibile!

-        Appunto. Lo vedi che non tutto finisce?

-        Mi hai fregato ancora.

-        Ahah, è vero, ma non ne avevo l’intenzione. Giuro.

-        Comunque ci tengo a precisare che ti ho lasciato vincere.

-        See see

-        Ti annoi?

-        No. Penso.

….to be continued

Potrebbe mai finire?

 

 

 

giovedì 5 settembre 2013

amore saresti dovuto tornare

E arrivano quei momenti inevitabili in cui stai sdraiato sul letto e niente ha più senso. Ore giorni mesi interi dedicati poi tutto crolla, sfarina, scompare. E tu non sei più sul letto a non osservare il soffitto, tu sei il letto, un mobilio della tua stanza. Tu sei la tua stanza.  E la gente non bussa, entra. Fa casino, si siede, ti calpesta, ti usa, ti lascia sul pavimento. Ma cosa importa?  Tu sei già il pavimento. Tu sei ogni mattonella, e la gente entra e ti scheggia,  ti sporca. Entrano nella stanza quando vogliono e senza salutare se ne vanno. Loro entrano, capisci? Mettono in disordine,  scelgono i tuoi libri, ti scelgono a seconda dell'umore. Di cosa hanno bisogno ora? Delle finestre aperte che fanno di te aria nuova nelle loro esistenze? Tranquillo non tarderanno ad aprirti, usare ogni maniglia, imprimere le loro impronte digitali sulla tua mente, sul tuo cuore. Perché?  Perché è così,  semplicemente. Perché la gente entra senza bussare, entra ed esce, non sbircia per vedere se ci sono fiori sul tavolo, se possono aiutarti a cambiare le lenzuola. No, la gente entra ed esce quando vuole e come vuole. E tu sei sempre lì,  un po' accogli, un po' li lasci passare come se fosse un loro diritto. Ecco non dimenticare mai che non lo è. Che se lasci la porta aperta è perché speri ancora che possa entrare qualcuno di buono che voglia anche restare.
Tu. Poi ci sei tu. Ci sei stato. Hai osservato libri foto quadri. Perfino la polvere sui mobili hai scrutato. Tu non mi hai portato fiori o gioielli, ma un po' di musica Sì.
Amore, saresti dovuto tornare per stare davanti alla porta, chiuderci dentro a fare l'amore, ridere e dormire. E lasciare tutto il resto fuori.

domenica 1 settembre 2013

è bene che si scriva dell amore, tanto nessuno ne sa niente

Sdraiarsi in un letto vuoto e riempirlo di gesti frenetici
Respirare profumi illogici
Fragranze invisibili
Ombre in movimento
Lento
Parlami dell'amore ma dammi il tuo miele
Fiele
Cantami dei poeti, maledetti indemoniati
Rovinati
Tutti in struggimenti
Penitenti
A gridare alla luna, scoperchiare i mari, dare noia agli dei
Che l'amante e' distante
Cuori che si infrangono come vetri
E anime di plastica che si vendono per un solo bacio
Un gesto solo  un solo respiro
E senza l'altro muoiono
È bene che si scriva dell'amore, che si facciano fantasie scabrose, che si sognino gli amplessi
Tanto di quello vero nessuno ne sa niente
Non si dice, lo si tace
Che c'è quello forte, quello che s' arrende
Quello che al cuor, s' appende
Siamo corde intorno al collo del nostro amato
Stringiamo per segnare il territorio
È bene che si scriva dell'amore
Che si scriva tanto, fino a perdere la mano, le forze
Il desiderio di possesso
Fino allo svuotamento
E quello che viene dopo a riempirlo
Non lo nomino nemmeno
Inizia per gioco, passatempo musicale
Nei silenzi, suoniamo
Cazzo, vieni qui, lo sai che ti amo.

mercoledì 28 agosto 2013

sfogliami

Sfogliami.  Fallo piano, sono il tuo libro dei desideri, non posso finire.
Sfogliami,  prendimi dal gambo con dita leggere, liberami dalla paura che soffoca la crescita.
Sfogliami, perché io possa arrivare fino al cielo, trasparente, quasi inesistente.
Sfogliami, a che capitolo siamo? Non ci sono titoli qui, classi o differenze. Noi siamo.
Siamo alberi ricurvi, siamo ulivi centenari.
Sfogliami perché possa donarti tutta me stessa, e del mio frutto tu possa saziarti.
Sfogliami, piega i miei angoli, conserva le parole, come se fossi quella pagina,  quella importante,  che tornerai a cercare.  Rileggere.
Sfogliami, anche le pagine bianche,  guarda meglio, vieni vicino, sono le mie mani aperte.  Sfoglia quelle, chiudile in preghiera,  stringile in un pugno, usale per asciugarti le lacrime.
Sfogliami ancora.
Troverai delle pagine unite, difficili da leggere. Strappale piano, fallo con cura. Proteggimi dal dolore che ne verrà.
Sfogliami sempre con occhi sinceri, con la bocca pulita, gira le pagine passandomi nella tua bocca, sulla tua lingua.
Sfogliami,  tienimi un po' prima di voltarmi e passare ad un altro capoverso.
E se finisco con un punto, tu, non arrenderti, rivoltami ancora, leggimi ancora.
Sfogliami. Prendi le mie foglie e fammi appassire, lascia che cambi colore,  rimanere me stessa ma diversa. Lascia che segua la mia natura.
Calpestami poi, lasciami lì per terra agonizzante. O ancora conservami, come si fa qualche volta, con il primo autunno.
Sfogliami, mettiti di traverso, soffiami addosso, aiutami a girarmi.
Divertiti a sfogliarmi.
Ma fallo con rispetto, non spezzarmi, piegami, sostienimi.
Sfogliami e annaffiami ancora.
Tuo
Fiore sono
Albero e carta.
Esprimi un desiderio come fossi una margherita.
E scrivimi come se fossi tutti i pensieri che non vorrai mai dimenticare.

lunedì 26 agosto 2013

le favole della buonanotte non esistono più

Non ci siamo Titolo. No, proprio non ci siamo. Ecco, ripeti dopo di me: tutti abbiamo bisogno delle favole, io pure. Il fatto che tu sia un titolo ben riuscito non significa che tu abbia ragione. Insomma, credimi.  Conosco chi ci perde le notti a raccontarle. Si, intere notti in bianco. Bianco e nero a dire il vero. Che' non vengono le parole e la mente si fa scura. Ma niente paura, in questo buio non ci sono mostri,  si aspetta solo che la luna intervenga in qualche modo a favore dell'eroe, che poverino,  mica può mettere nero su bianco se non vede niente.  Però sai, non si arrende. Quindi non farlo nemmeno tu, caro Titolo, capito? Ecco shh, goditi il momento, arriva la luna! Lui è grato alla sua luna che illumina col bianco tutte le sue paure, una pagina bianca ha bisogno di uno scrittore coraggioso, ma anche di una buona spalla. Solo che lo scrittore la usa più come una culla. Non lo sai che cosa fa? Torna bambino, prende un po' di cielo scuro e usa la luna come lima. Sfrega sfrega, taglia di qua, lima di la', è così che si compie la magia: l'inchiostro è pronto, la carta è la sua mente che brilla della forza della luna, il cuore palpita come fa quello di un bambino che fa le corse fino alla fine della notte, e in procinto di dare un bacio alla sua luna affianco, scrive convinto: verrò stanotte, io verrò a raccontarti le favole, che tu ci creda oppure no. Quindi caro Titolo ti devi arrendere: credi, il bacio della buonanotte è l'inizio della favola.

sabato 17 agosto 2013

dietrofront!

Ciuff ciufff fa il treno. Sbuff sbuff faccio io. C'è chi dice che le persone non sono treni che si aspettano, ma alle persone si va sempre incontro. Beh dico io, meglio che non si incontrino certe persone che somigliano a treni che sembra che ti aspettano e poi invece tirano dritto, e l'effetto sorpresa in questi casi non e' tanto piacevole; come quando stai sulla banchina di una stazione desolata dove sai che passeranno un sacco di treni e nessuno ti annuncia qual è il tuo. Allora pensi: è questo qui, ma non è vero. Allora dici: è questo fermo, che carino aspetta già da un po', sarà qui per me. Ma niente. Allora una guarda e sbuffa ad ogni treno che si avvicina con un ciuff che pare convincente, e invece non era niente. Fino a che non ha un'illuminazione vincente: dietrofront!
Bisogna cambiare direzione, binario. Bisogna andare al contrario.
Dietrofront, ricominciare daccapo, dice la vocina in stazione che però non dice niente è bene che lo sappiate, siete voi che lo dite chiaro, e una volta che tutto diventa chiaro c'è poco da pensare, DIETROFRONT bisogna gridare. Ma proprio forte mentre scendete le scale per risalire altrove, forte forte fate SBUFF SBUFF correndo, e quando siete pronte state bene ad ascoltare,  il CIUFF che fa per voi sta per arrivare!

venditilanima

Aveva ceduto su tutto. Vuoi la ricchezza, gli aveva chiesto. Sì era stata la risposta. Vuoi la fama? Ancora, sì. Vuoi l'amore? Forse, ma non ci credo più di tanto.
No quello non te lo posso dare.
Fa niente, aveva risposto a se stesso. Ce la posso fare anche senza. Con il denaro posso andare ovunque e possedere qualsiasi cosa.
Abbiamo un accordo? Sì, decisamente.
Fu una vita facile la sua, ogni ostacolo rimosso all'origine.

Sei pronto?
Sono insoddisfatto, l'arte e il denaro mi hanno scavato dentro.
La voragine esisteva prima dell'accordo. Hai solo scelto male il modo di riempirla. L'amore è sempre la scelta auspicabile.
Proprio tu mi dici questo?
Proprio io perché l'ho provato.
Allora perché mi hai proposto l'accordo?
Ehi il diavolo sussurra all'orecchio, l'amore al cuore. Ma sai la prima via era libera, la seconda non l'avevi proprio presa in considerazione.

lunedì 5 agosto 2013

tagliavia

Fallo. Prendi le forbici, prendi me, prendi le mani: tagliavia, taglia tutto, togli me. Toglimi da tutto, le mie parole dalle tue, dividile se credi di riuscirci, se pensi di separare tutto in modo esatto. Fallo. Cosa aspetti? Taglia tutto di me da te, taglia e fammi sanguinare come ogni volta che te ne vai per conto tuo e mi tagli via da tutto. Fallo. Sei abituato, non esitare. Fallo. Prendi il nostro filo, tagliavia, tagliaora. E i resti di me ti grideranno da dentro il tuo stesso petto.

lunedì 24 giugno 2013

quel che succede se lasci parlare il cuore

dici: cadi giù dal letto BADABUM, ci vuole un po' di Lasonil, dico io.
Non ce l'ho, qui non ce l'ho. Allora vieni a vivere come me, sono piena di cerotti.
Sei sbadata. ti sbucci sempre le ginocchia. E tu sei sfortunato, fori sempre le gomme della bici.
Non c'è soluzione, beviamoci su: puoi passarmi il vino per favore, per favore, ho detto per favore? Sono mezza astemia. E l'altra mezza? L'ho lasciata al mare, per tirarla su ci vuole un argano a motore. PATATRACK! Che succede?! Niente s'è rotto l'argano. E mo' come facciamo? Andremo in mare con la macchina e si parlerà di quando ti dicevo: ma che begl'occhi che hai. Ma se non me l'hai mai detto! Ma l'ho pensato. Quante cose si pensano, quante parole non dette... Ma non ho rotto il bicchiere! E che c'entra il bicchiere?! Mh boh, ma sta di fatto che non s'è rotto. Porta bene? Porta e basta. Aprila, che aspetti! Perché io? Aprila tu.
Non ho la chiave.
Manco io.
Sì, manchi tu.
Ma mi sono perso.
Quella che non ha il senso dell'orientamento sono io, non tu.
E tu cosa non hai?
Un mucchio di cose.
Ma se non le hai non puoi fare un mucchio col niente!
Allora magari possiamo fare un mucchio con noi.
A pezzi intendi?
Sì, come un occhio sotto vetro, un cuore nella scatola, una gamba nel bagagliaio.
Quello è un film!
E l'altra una canzone. Che vuoi che cambi?!
Non saprei... mettiamo la quarta che mi va di accelerare un po'?
Non c'è bisogno di andare forte, chi va piano va sano e lontano.
Ma chi va forte arriva prima al mare! Vuoi mettere?!

domenica 16 giugno 2013

Cinque passi in tutto

Ti ho scritto una parola ogni giorno, lo sai quanti post-it ci sono in un blocchetto? Sul più bello però, li ho finiti! Ho corso per le scale ché l'ascensore non arrivava mai, ho spalancato il portone, la bicicletta aveva una ruota sgonfia e mi ero dimenticata le chiavi della macchina in casa. Ho preso fiato e niente, sentivo solo le lettere che dal cervello mi scorrevano per le braccia e le gambe. Dal centro del mio corpo di sole, ogni parola seguiva un suo raggio e tutto si espandeva anche fuori da me.
Ogni raggio era un passo ed era una lettera.
Ho frenato tutto d'un botto, mi sono ricordata che era domenica. Non avrei mai trovato una cartoleria aperta.
Allora ho fatto quello che potevo, quello che facevo da bambina: ho preso un sasso bianco e ho disegnato il contorno dei miei passi sull'asfalto.
Un passo, un raggio, una lettera.
Cinque passi in tutto.

giovedì 13 giugno 2013

Il luogo dell'anima

Esistevano un luogo e un tempo dimenticati da molti eppure ancora da realizzarsi; un luogo in cui il passato si fondeva al futuro per generare un unico momento, solo il presente cresciuto come un albero secolare immenso. Nella sua corteccia, qualcuno aveva scavato un buco per fare in modo che quell'attimo presente non fosse un'esperienza da vivere in completa solitudine, ma da condividere, sebbene in modo fuori dal comune. Tutti quelli che andavano a confessarsi nel buco scavato in quell'albero scrivevano milioni di segreti con la loro voce, inchiostro di molecole vitali. Quell'albero registrava una vita che finiva nella vita di un altro. Quando ci si accostava all'albero non si poteva sapere chi sarebbe stato il destinatario di quelle parole; tutte quelle pagine di segreti inconfessabili in un mondo, venivano immediatamente smascherati al lato opposto, alla fine della voragine, in un'altra dimensione.
Un giorno è accaduto che dall'altro capo della mia bocca, si trovasse la tua.
Noi non abbiamo fatto come gli altri, non abbiamo rispettato le regole, e in questo modo abbiamo imparato il suono delle nostre parole: abbiamo parlato nello stesso momento e ascoltato un istante dopo. Abbiamo soffiato verità e bugie e abbiamo ascoltato tutto il silenzio possibile. Ci siamo mossi in sincronia: ciò che scrivevo io era irrimediabilmente legato a quello che scrivevi tu e viceversa, ma senza essere l'uno la conseguenza dell'altro, era più come essere la stessa cosa nello stesso momento.
Un giorno però abbiamo perso il ritmo, hai ascoltato qualcosa che non ti era piaciuto, o forse parlandoci l'uno sull'altro, abbiamo confuso l'ora dell'appuntamento e non ci siamo più ritrovati in quel presente solo nostro.
Ti volevo solo dire che non sono più tornata all'albero dell'anima, tutte quelle parole non erano destinate a qualcun altro. Non avrebbero potuto. Se uno le dice con l'anima non lo può ripetere che a quell'altra anima, a nessun altro.