E ci troviamo intasati da
paure e sofferenze, stantie, non se ne vogliono andare. Si accumulano in un
tempo paziente. Siamo incauti a pensare di poter continuare così, senza
occuparci della manutenzione delle docce, dei rubinetti, delle fontane nelle
nostre vite. Si arriva ad un punto che quasi ci si allaga dentro e le paure
arrivano prepotenti fino agli occhi. Uno li può anche chiudere per non farle
uscire, ma quelle escono lo stesso, solcano i nostri visi come sorgenti pulite,
ma sono sempre le vecchie ferite che sanguinano. Allora ho cercato bene come si
fa a svuotare tutto quanto, nei manuali,
nei dizionari: SGORGARE. Ho fatto pressione sul mio petto con una mano e poi ho
fatto lo stesso sul tuo cuore. Ho premuto comprimendo tutta l’aria che c’era
tra di noi, quella della distanza che si affanna; e in quel gesto doloroso, ho
trattenuto me e te insieme. Ho rilasciato. Mi hai guardato e non c’erano più lacrime,
il veleno sgorgava dalle ferite, usciva e si allontanava da noi, come scorre l’acqua
dalla sorgente e se ne va per una strada nuova.
E con un colpo di cuore,
il più forte, ha cominciato ad espandersi amore. Solo quello.
giovedì 30 maggio 2013
sabato 25 maggio 2013
Nodi-di-noi
I nostri sono pensieri che si allungano
come braccia di rami d'albero, salici piangenti coltivati giorno dopo
giorno, ossessioni che si stedono sulla linea invisibile dei nostri
desideri.
Siamo sogni che si curvano l'uno su
l'altra, si incastrano come fili in crune d'aghi che pungono. Ci
facciamo male, sanguiniamo, e i nostri nodi assorbono, si tingono, si
stringono.
Legami inscindibili, che di fini e
inizi non conoscono nulla, impossibili da sciogliere.
giovedì 23 maggio 2013
Francé, mi sposi?
- Buongiorno!
Lei non lo saluta, finge di non vederlo. Con un passo rapido si mette davanti bloccandola.
Lei scosta la testa di lato, infastidita. E lui la segue, ancora davanti.
Sorride. C’ha gli occhi liquidi quando fa così, che s’impegna per tenere a bada le mani ma non ce la fa e se le sfrega in continuazione.
- Oggi mi sposi?
Lei fa, no. Lui tace e le mani smettono. Lei lo sorpassa e sussurra appena.
- Mettiti un poco di unguento, c’hai le mani secche.
- Sei come una pozza d’acqua trasparente.
Se doveva essere un complimento lei di certo non lo coglie, fa una smorfia e lo sorpassa ancora senza guardarlo negli occhi. Lui la segue, qualche passo prima di svoltare a destra per andare ai campi.
- Ma io ci berrei dentro. Capito? Ci berrei dentro.
Ripete mentre si tormenta i capelli.
Lei si ferma. Lo guarda in faccia, ma non proprio in faccia. Solleva una mano e gli sistema un po’ la testa.
- Me la raddrizzi tu la testa?
Lei sorride appena e se ne va.
- Non sono aggiustato per niente.
Francesca lo guarda bene, proprio bene. Si ferma, gli tocca appena il braccio ma lui non si muove. Inclina la testa di lato e basta: c’ha il mare negli occhi pure se è un contadino. Da qualche parte Francesca si dimentica di respirare e poi fa tutto insieme, così le viene il singhiozzo. Si copre le labbra con la mano e sente la risata di lui. La sua risata è vento forte tra le spighe.
- Buon lavoro.
Lo osserva mentre lui scende la strada che lo condurrà ai campi.
E’ mattina, il singhiozzo è passato e Francesca si sistema bene prima di uscire per andare dalla comare Maruccia a filare. Dalla strada un uomo grida in bicicletta: Francé, ma ti sposi?
Lei guarda lo stipite della porta di casa e trova un gruppetto di foglie verdi appeso, di quelli che si usano per fasciare il grano; ha un piccolo fiore bianco dentro, una promessa d’uso comune.
Francesca sorride e fa sì con la testa.
Lei non lo saluta, finge di non vederlo. Con un passo rapido si mette davanti bloccandola.
Lei scosta la testa di lato, infastidita. E lui la segue, ancora davanti.
Sorride. C’ha gli occhi liquidi quando fa così, che s’impegna per tenere a bada le mani ma non ce la fa e se le sfrega in continuazione.
- Oggi mi sposi?
Lei fa, no. Lui tace e le mani smettono. Lei lo sorpassa e sussurra appena.
- Mettiti un poco di unguento, c’hai le mani secche.
- Sei come una pozza d’acqua trasparente.
Se doveva essere un complimento lei di certo non lo coglie, fa una smorfia e lo sorpassa ancora senza guardarlo negli occhi. Lui la segue, qualche passo prima di svoltare a destra per andare ai campi.
- Ma io ci berrei dentro. Capito? Ci berrei dentro.
Ripete mentre si tormenta i capelli.
Lei si ferma. Lo guarda in faccia, ma non proprio in faccia. Solleva una mano e gli sistema un po’ la testa.
- Me la raddrizzi tu la testa?
Lei sorride appena e se ne va.
Non parla. Oggi non le chiede niente, le si è fatto affianco coi capelli puliti e le mani nelle tasche. Non la guarda nemmeno.
- Che c’hai oggi che non parli e sei tutto aggiustato?- Non sono aggiustato per niente.
Francesca lo guarda bene, proprio bene. Si ferma, gli tocca appena il braccio ma lui non si muove. Inclina la testa di lato e basta: c’ha il mare negli occhi pure se è un contadino. Da qualche parte Francesca si dimentica di respirare e poi fa tutto insieme, così le viene il singhiozzo. Si copre le labbra con la mano e sente la risata di lui. La sua risata è vento forte tra le spighe.
- Buon lavoro.
Lo osserva mentre lui scende la strada che lo condurrà ai campi.
E’ mattina, il singhiozzo è passato e Francesca si sistema bene prima di uscire per andare dalla comare Maruccia a filare. Dalla strada un uomo grida in bicicletta: Francé, ma ti sposi?
Lei guarda lo stipite della porta di casa e trova un gruppetto di foglie verdi appeso, di quelli che si usano per fasciare il grano; ha un piccolo fiore bianco dentro, una promessa d’uso comune.
Francesca sorride e fa sì con la testa.
lunedì 20 maggio 2013
Curve pericolose per asociali innamorati
Che poi una va dritta per la propria strada, presta la massima
attenzione a passare indenne i crocevia o a buttarsi sempre a destra o sempre a
sinistra; sta il più lontano possibile anche dalle strade parallele, ché quelle
che ti camminano accanto sono come delle lunghissime vertigini e ti piglia l’ansia
solo a pensarci. Poi un giorno ti si restringe la carreggiata talmente tanto
che tutte le strade si accostano, minacciose, invadenti, curiose. Che devi fare
se vedi che una ti è troppo vicina, ti piglia il battito a mille all’ora e non
hai neanche la marcia da scalare? Stai lì che ti si fonde il motore e già sai
che dovrai sudare per pagarti i danni che intravedi sulla fiancata della tua
vita. Che devi fare se al finestrino scorgi uno che sta messo come te? Uno che
tira giù tutti gli specchietti per fare ombra, che copre i sedili con la
pellicola trasparente per non mescolarsi con possibili amici e parenti, passeggeri
scomodi che e avresti voglia di scaricarli al primo autogrill? E allora che fai
se rimani agganciato a quello sguardo come se il semaforo rosso nel cervello
saltellasse gridando: sei pazza? Quello è un pericolo ambulante, un tornante
che ti porterà fuori strada, e se ti va bene, ti lascerà totalmente senza
benzina! E che devi fare scusa? ti sei già innamorata col botto e mi sa che per
lui è lo stesso: sta abbassando il finestrino…
domenica 19 maggio 2013
Mai abbastanza brava a...
Mai abbastanza brava, brava a non dire
niente, a dire tutto. In silenzio, come se fosse niente, e invece è
tutto. E aggrapparsi, con tutta la forza, spezzandosi solo le unghie.
Vedere un tramonto, ma da troppo
lontano.
Sentire il sapore del mare sulla lingua
in una grigia città sommersa, e affogare in un oceano di cemento.
Sentire ancora l'impronta di labbra
dischiuse sulla pelle e non poterle neanche vedere.
Aprire gli occhi sulla notte e non
scovare le stelle.
Sogni irrealizzati, solo così li
conosco i sogni. Solo così.
Regalamene uno vero, un piccolo, ma
vero. Un vero che te lo puoi portare tra le dita senza paura di
perderlo per strada o che svanisca appena apri gli occhi la mattina.
Regalami quello che non ho mai avuto.
Non tacere come me, non lo fare. Non ho
più sorrisi in tasca per quello che non ho potuto rendere reale, non
ho più rose e finzioni varie.
Mai abbastanza brava per mentire per
bene, mentire fino in fondo e dire: ma sì, in fondo, va tutto bene.
Mai abbastanza brava a non dire o a gridare. Mai abbastanza brava ad
aspettare. Mai abbastanza brava per lasciare andare, quel sogno,
lasciarlo andare.
Mai abbastanza brava a...
E tu, mio sogno, rimani un moto a luogo
nell'anima.
giovedì 16 maggio 2013
Interesse scalare
Interesse scalare:
trattasi della somma degli interessi, che va diminuendo di mano in mano che il
debitore paga una rata del debito.
Se mettiamo che accumulo
interesse per te da un po’ di anni, allora possiamo immaginarci come su una
scala fatta di gradini identici da salire, ma che nascondono qualche passo
falso. Il passo falso fa inciampare e scivolare, e allora fa scemare l’interesse
(sapevi che scalare vuole dire anche calare? Basta togliere una S, ci
crederesti?).
Ma torniamo sulla nostra
scala e armiamoci –ma non come i militari che devono scalare un muro nemico-,
armiamoci di santa pazienza. La pazienza la si coltiva come una piantina, ci
vuole tempo, è fatta di un sacco di passi, pure questo è scalare. Che sia santa
o no, non ha importanza, anzi meglio, la santità la lasciamo a chi se la può
permettere, che è troppo in alto per la nostra scala traballante.
Dopo lo scivolone che
succede? E che deve succedere? Direi che solo in alto si può continuare, ché se
si continua a scemare –cioè a fare cose sceme che in amore sovrabbondano- , poi
si finisce col perdere l’obiettivo finale.
Quindi si ricomincia da
quel punto lì dello scivolone, si vede l’altro a che punto è e si riparte con l’accumulo
di interesse, che diventa piano piano un bel debito da portarsi addosso. Essì amore
= debito, poco romantico? Mah, direi molto realistico.
Ma sai qual è l’unica
bellezza che ci trovo nell’interesse scalare per te? E’ che con te si
sovvertono le formule economiche, che piacciono tanto a chi è interessato a
controllare e misurare tutto per redditività. L’interesse non diminuisce a mano
a mano che libero il mio debito per te, si incrementa.
Questo sì che è un
investimento!
mercoledì 15 maggio 2013
Visione
Ogni cosa consumerò
saranno dita senza pelle
graffi di ossa
saranno occhi stanchi
più vivi che morti
saranno passi forti
affondano sempre
e gambe testarde
ad andare avanti
fuori il peso di un corpo fiacco
più vivo che morto
Ogni cosa consumerò nel
mio fuoco
è l’anima, addenta
Ogni cosa consumerò
ossa in briciole e
polvere nel vento
e vento salirò fino al
cielo
è l’anima, grida
solo tu puoi sentirla
Tu che vedi nel vento, la tua donna
giovedì 2 maggio 2013
La Maddalena senza tempo e l’Uomo che non cadeva
Ho visto
un bambino inciampare, un ragazzo arrancare. Un uomo, no, quello non l’ho visto
cadere; lo fa in silenzio, possibilmente nascosto. Prende una bottiglia vuota e
la apre, cosa contiene non so, forse si beve tutti i sogni che fa la notte.
Ogni notte guarda il cielo senza luna perché deve trovare quella stella, solo
quella. Lo vedo bere e schizzare con la testa da una parte all’altra della
notte, mentre la mia testa si inclina un pochino a destra. E’ quella lì, dico
io, non te la sei persa, sei solo un po’ ubriaco di stanchezza. E allora lui mi
guarda è fa: come fai a sapere cosa ci sta là? È che amo da sempre le stelle,
sono morte ma sempre belle. Sento la bottiglia scoppiare e frantumarsi in
milioni di pezzi. Vedi ogni pezzo riflette la luce? Le vedi, mi dice. Io faccio
sì con la testa e lui comincia a camminarci sopra. Ti farai molto male, ma
questo lo sai. E lui neanche annuisce, si mette a ballare e mi dice: balla anche
tu, ma da lontano. Allora lui fa l’inchino e comincia a ballare sull’asfalto
che si tinge di rosso. Se non la smetti, dico io, mi tolgo le scarpe. E allora
lui si ferma: chi sei che mi vuoi salvare, una seguace di qualche religione?
Guarda che non credo in niente anche se
quel Gesù un po’ figo mi pare. Sì, sono la tua Maddalena senza tempo, scherzo
io e me le tolgo davvero le scarpe. E lui si ferma e si arrabbia: non c’è
scritto niente, grida mostrandomi il palmo della mano, non c’è scritto niente
su di te, cosa fai qui? Che vuoi? Non sei prevista, lo vedi? E io annuisco
ancora, lo so, dico io, ma ormai ci sono, s’è mai visto una Maddalena che
abbandona il suo Santo? Maddalena, vuoi essere la mia vita, forse? Scherza,
avanza verso di me, con i piedi pieni di vetro. Gli chiedo: sfidi sempre così
quelli che vuoi mandare via, che vuoi spaventare? E lui: sfido chi so che non
se ne potrà mai andare. Si ferma guarda la sua stella e un po’ piange, un po’
ride, un po’ dice: forse pioverà, e non mi dire che hai l’ombrello. In effetti
ce l’ho, non sei mica l’unico che se ne va in giro di notte, solo che io sono
prudente, tu no. Mi fissa: sei abbastanza detestabile. Grazie, sorrido io
inclinando l’ombrello verso di lui. Ma lui non viene, fa solo il gesto di bere
e mi dice: magari un po’ ti potrei amare, magari un po’ ti amo già. Allora chiudo
l’ombrello e lo lascio a terra. Magari sei solo ubriaco, rimani là, stai bene
dove stai ancora per un po’. Ti bagnerai, dice lui. S’è mai visto una Maddalena
che non sarebbe pronta a sacrificarsi? E poi rispetto a lei sono più fortunata,
è solo pioggia, dico, passerà. Non andare via, non andare via di qua, dice
piano. Vienimi a cercare quando sarai sobrio, non ti sbaglierai, sarò quella
con l’ombrello rosso e il naso al cielo. Poi forse sorride, non so, sono troppo
lontana per vedere.
Liberamente ispirata da:
con i miei occhi
certe volte non si riesce a credere.
proprio non si può, non con gli strumenti che possediamo. però si vuole, qualcosa dentro c'è che dice: oltre, oltre, c'è più di questo. ma non c'è verso, proprio uno non ci riesce...
credo sia quello il momento giusto in cui la vita ti dona lo sguardo degli altri. a me è successo. ho indossato quello sguardo e tutto è cambiato; è stato come indossare occhiali che ti allargano un dettaglio insignificante, che ti permettono di vedere nitido o lontanissimo. allora guardi bene, guardi tutto, con quello sguardo: non che sia sempre bello, ma è pieno, è diverso e arricchisce.
i tuoi occhi allargano orizzonti.
non dimenticare di guardare oltre anche tu, fuori dalla cinta di una vita che ti sta stretta, e se non riesci, proprio non ti riesce di credere, allora fai così: prendi i miei.
con i miei occhi, guarda come guardo io il mondo, non è sempre bello, non è sempre vero, ma è luce nel buio.
con i miei occhi guarda-te, che con i tuoi guardo me.
anche così ci si scambia lo spazio e la vita, anche così non siamo soli.
proprio non si può, non con gli strumenti che possediamo. però si vuole, qualcosa dentro c'è che dice: oltre, oltre, c'è più di questo. ma non c'è verso, proprio uno non ci riesce...
credo sia quello il momento giusto in cui la vita ti dona lo sguardo degli altri. a me è successo. ho indossato quello sguardo e tutto è cambiato; è stato come indossare occhiali che ti allargano un dettaglio insignificante, che ti permettono di vedere nitido o lontanissimo. allora guardi bene, guardi tutto, con quello sguardo: non che sia sempre bello, ma è pieno, è diverso e arricchisce.
i tuoi occhi allargano orizzonti.
non dimenticare di guardare oltre anche tu, fuori dalla cinta di una vita che ti sta stretta, e se non riesci, proprio non ti riesce di credere, allora fai così: prendi i miei.
con i miei occhi, guarda come guardo io il mondo, non è sempre bello, non è sempre vero, ma è luce nel buio.
con i miei occhi guarda-te, che con i tuoi guardo me.
anche così ci si scambia lo spazio e la vita, anche così non siamo soli.
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