lunedì 30 settembre 2013

ti ho fatto la spesa



Ti ho messo un po’ di me, non nelle cose, nei gesti, così non li consumi o non li lasci andare a male.
Rimangono, dentro il frigorifero, congelati, conservati, preservati dal tempo.
Io non voglio avere scadenza per te.
Le uova le prendo per prime, apro la confezione, le maneggio con la delicatezza che si riserva al vetro, le metto una ad una nello scompartimento. Mi piace farlo piano, mi piace sentire la sensazione di riempimento della forma.
Le buste delle cose non fragili le svuoto sul ripiano davanti al lavello, quasi senza cura, come uno sfogo, il sollevamento di un peso. Te lo dico, potresti trovare dei piccoli avvallamenti sui pomodori o sulle pesche. Saranno piccoli, non fare quella faccia sconvolta. Neanche te ne accorgerai.
Tocca alle scatole di legumi che io non sopporto, ma siccome la spesa è per te, mi sono sforzata parecchio. Dato che i gesti sono miei, però, sappi che li troverai in fondo ad ogni ripiano, lontanissimi da te. Quindi affonda il braccio come faccio io in questo momento, affondalo e prendi a caso, quello che esce te lo prepari e me lo dici. Puoi anche non dirmelo, basta che lo fai così: scatola di legumi a sorpresa!
La carne la porto via con me, ho carenza di ferro e mi piace il sangue.
I surgelati sono pochissimi, ché nel congelatore c'è poco spazio e io voglio che ci tieni i miei gesti, quindi...
Thè c'è, quello al bergamotto, non mi chiedere perché, credo di saperlo da qualche parte nel cervello il perché, ma non lo riesco ad afferrare. Ho comprato a sensazione.
Il caffè anche, te lo metto con lo zucchero di canna, la mia amica che fa bene i dolci mi ha detto che fa meno male perché è meno trattato. Ecco, così ti fai meno male.
Per i superalcolici chiedi ai tuoi amici, sono mezza astemia, che già mezza vuol dire partire per la tangenziale ovest e tornare solo in tarda sera.
Niente, credo di aver preso l'essenziale, il resto prendilo da te. Ma non con i miei gesti, con i tuoi.
Così puoi fare il confronto.
Ah, la cassiera della cassa 3 non mi piace per niente, mi ha chiesto come mai uso la tua tessera punti, e lo ha fatto con uno sguardo come a dire: sei la nuova? Ma la nuova de che?! Dammi quella tessera e fatti i cazzi tuoi!
No, non ti preoccupare mica le ho detto così davvero, però, ripeto, non mi piace. Se a te non spiace troppo, da domani puoi andare alla cassa 5? C'è un'adorabile vecchietta. Grazie.
Ti scrivo baci baci sullo scontrino, che poi i baci non hanno prezzo eh, ma così conservi lo scontrino. Che poi non so perché dovresti conservarlo, fai come ti pare.
Però se proprio vuoi tenerlo, sappi che mi piace accartocciarli o piegarli tantissimo o anche strappare piccoli bordi. Insomma chiama il 118 se li vedi messi troppo male ok? Non vorrei vivere con questo peso sulla coscienza.
Mi sono fatta anche un piccolo regalo, te lo metto dietro la tenda in soggiorno, mettigli l'acqua una volta al giorno, non ti dimenticare. Se ti dimentichi io lo verrò a sapere. Oppure fai così, dimenticati così la prossima volta ti lascio un memorandum anche sui miei gesti ecologici.
Vado.
Mh.
Vado.
Ah, lo sapevo che mi dimeticavo qualcosa: t'ho sparso baci perugina che odi per tutto l'appartamento: NON FARLI MANGIARE AL GATTO.
Vado sul serio ora. Ciao.

sabato 28 settembre 2013

paguri si nasce

Come i paguri facciamo, ci raccogliamo tutti dentro a qualcosa e ne facciamo casa.
Quando apriamo gli occhi è già odore di mare, sapore salato per qualcosa che abbiamo vissuto o che abbiamo visto accadere negli occhi degli altri.
Prendiamo appunti chiedendo favori ai polpi e senza dire grazie, ripartiamo.
Andiamo piano per i sassi, di fretta non ne abbiamo, ché pure raccogliere le forze è uno sforzo. Poi con le idee nella testa, ci spostiamo.  A grandi passi si perdono parole, gesti, le cose che incollano le persone alle storie, allora procediamo così, accorgendoci dei particolari del paesaggio. Salutiamo con garbo le stelle marine che pensano di far splendere le acque, giochiamo con i cavallucci che ci fanno le bollicine addosso.  E andiamo. Prendiamo e cerchiamo di coprire il nostro corpo molle e affaticato con delle alghe. Ma son coperte leggere, che non ci fanno il guscio, sono ripari di frasi scritte velocemente, che si perdono con la corrente.
E allora continuiamo.
Arriva sempre quel momento del riposo, del nascondiglio segreto, lo cerchiamo per riprendere fiato, per annichilirci, per distrarci.
O per cullarci.
Come paguri siamo, portiamo in giro le parole e i sentimenti e quando vediamo case diroccate, abbandonate, dimenticate, noi ne facciamo casa.
Prendiamo a prestito il resto degli altri e lo facciamo nostro per un po', per un viaggio, forse due. Lì ciò che è stato lasciato a brandelli si fa storia di nuovo, stiamo al caldo in quella conchiglia prima vuota, e la riempiamo con le idee del cammino.
Quando si fa brutto il mare, arrabbiato e confuso, noi stiamo lì,  al riparo nelle storie, perle nascoste in una casa che non è madre, ma nostra salvezza.
Come i paguri siamo, nasciamo nudi, scoperti e raminghi, desiderosi solo di trovare quel luogo, quella storia, che dia un senso, un calore.
Ah, i paguri sanno amare tutto e lo sanno fare bene, partono dalle macerie e si fanno ponti, strade, vie segrete e pazienti. Si incontrano tra loro, qualche volta si parlano, scambiano conchiglie, alghe e inchiostri.
E qualche volta, fanno casa insieme.
Paguri si nasce, noi siamo come i paguri, stiamo nella stessa storia, la scrivamo, la commentiamo, la osserviamo e la raccontiamo.
Noi siamo come i paguri, ci prendiamo a prestito, ci scambiamo le case in continuazione, ci teniamo al caldo con quello che c'è, come possiamo. E lì, l'uno dentro l'altro, stiamo.

martedì 24 settembre 2013

ci sta tanto sarcasmo, e ti asmo,

- se fossi in me ti metterei in valigia
- saresti pazza, in valigia non ci sto!
- quante storie!
- davvero tante
- comunque basterebbe farti a pezzi...
- no, grazie
- piccoli da scomporti e lasciarti in giro per la stanza
- amami allora
- in che senso
- è l'unico modo per farmi a pezzi. E dammi in pasto alle balene
- e gli squali,  poverini?
- e pure a loro...
- va bene
- cosa?
- amarti
- serial killer
- ti amo ti amo ti amo ti amo
- una variazione sul tema?
- ti pesco ti pesco ti pesco ti pesco
- ma ste cose le pensi di notte?
- in effetti sarebbe l una e cinquanta due
- e stai sveglia a scrivere ste cose?
- c'ho l'insonnia
- curati
- non è una malattia,  almeno credo. L'amore lo è.
- e curati
- no dai, sennò come le scriviamo l'ottanta per cento delle cose che scriviamo?
- con tanto sarcasmo?
- poveri pesci
- che?
- niente, non volevo uscire dalla metafora
- mi spiace deluderti, ma siamo partiti dalla valigia
- e dove siamo finiti?
- sul Tevere,  a pezzi
- allora, vuoi chiudere?
- veramente non volevo manco aprire
- la valigia, dico
- fai uscire le farfalle prima
- dallo stomaco?
- che brutta immagine
- povere farfalle pure quelle usiamo
- poveri pesci
- le balene sono cetacei
- e con ciò?
- ti devo fare a pezzi piccolissimi così ti scambia per gamberetti
- amami tantissimo
- non staresti bene con tutti quei piercing
- mo' passiamo a parlare di tatuaggi?
- non mi piacciono tanti tatuaggi...
- me ne basta uno
- cosa?
- ancora
- hai mai notato che somiglia ad un amo gigante?
- amiamoci enormemente
- va bene, ma se siamo così grandi per farci a pezzi ci vorrà una vita
- anche due, a me va bene
- quanto sei romantico
- aromatico?
- no, tu non mi ascolti
- sono pure le due e undici eh
- bene, andiamo a dormire
- andiamo a sognare
- di amarci?
- che incubo...
- non se sogni insieme a me
- l'aromatica sei tu
- alloro
- stai come il prezzemolo
♡ ♡ ♡ ♡

martedì 10 settembre 2013

Pensieri in eccesso


-        Ti annoi?

-        No. Penso.

-        A che pensi?

-        Non so di preciso. Tutto e niente.

-        Troppa roba.

-        Direi.

-        Allora prova a ridurli, i pensieri.

-        In che modo?

-        Passali al setaccio.

-        Mica è farina. Più pioggia direi.

-        Scolali allora.

-        E se poi si perdono?

-        Meglio così. Se fossimo fatti per trattenere saremmo immense bacinelle.

-        Magari lo siamo.

-        Non credo. Straripiamo.

-        Quindi, un punto a favore delle bacinelle.

-        Ma pensa te.

-        No guarda, basta pensare per un po’.

-        E come fai quando non pensi?

-        Ascolto musica.

-        Io tolgo senso alle parole.

-        In che senso?

-        Prendo un testo che ho nella testa e tolgo il significato, come se non avessero un’etimologia specifica.

-        E perché?

-        Perché le parole possono pesare moltissimo.

-        Allora meglio passarle al setaccio. Non mi va che si perda il senso, la direzione delle parole. Meglio al massimo conservare solo quelle che hanno una certa qualità.

-        Ah, quindi alla fine mi dai ragione.

-        Su cosa?

-        Sul setaccio.

-        Fammi capire, fai giri di parole solo per fare in modo che io arrivi alla tua posizione di partenza?

-        Può darsi.

-        Subdola.

-        Può darsi. Ma più inconsapevole direi.

-        E di cosa siamo consapevoli ormai?

-        Delle parole. Per questo ce ne vogliamo liberare certe volte.

-        Ma senza, che rimane?

-        Io mi chiedo piuttosto perché hai così paura di perderle per strada.

-        Il senso. La direzione.

-        Forse quello di cui hai paura è perdere il senso di te e non delle parole.

-        Io sono le mie parole.

-        No, sono loro a essere te.

-        E che differenza c’è?

-        La consapevolezza: tu SEI indipendentemente dalle parole. Non credo che la nostra essenza possa essere definita così facilmente.

-        Quindi che siamo arrivati a dire?

-        Che hai paura di essere senza fine.

-        Mi piacciono le fini.

-        A me no, sono limitanti.

-        Ti illudi, tutto finisce.

-        Fine è solo una parola

-        Ma la vita finisce, l’amore finisce, tutto insomma. Invecchia e finisce.

-        Forse i pensieri no. Quelli li limiti mettendoli per iscritto, ma proprio perché lì rimangono, allora non finiscono.

-        Le idee.

-        Sì.

-        Può darsi.

-        Mh.

-        E nel frattempo?

-        Niente. Continuano a piovere pensieri.

-        Non ne usciamo. Trovami un modo semplice per uscirne.

-        Non usciamo. Stiamoci dentro.

-        Impazziremo.

-        Anche la pazzia ha una fine. Ma se il pensiero è pazzo, finisce?

-        Così ti stai complicando l’esistenza.

-        Ricominciamo.

-        Tutto il discorso?!

-        Perché no?

-        Fino a quando?

-        Fino a quando finiranno tutti i pensieri.

-        E’ impossibile!

-        Appunto. Lo vedi che non tutto finisce?

-        Mi hai fregato ancora.

-        Ahah, è vero, ma non ne avevo l’intenzione. Giuro.

-        Comunque ci tengo a precisare che ti ho lasciato vincere.

-        See see

-        Ti annoi?

-        No. Penso.

….to be continued

Potrebbe mai finire?

 

 

 

giovedì 5 settembre 2013

amore saresti dovuto tornare

E arrivano quei momenti inevitabili in cui stai sdraiato sul letto e niente ha più senso. Ore giorni mesi interi dedicati poi tutto crolla, sfarina, scompare. E tu non sei più sul letto a non osservare il soffitto, tu sei il letto, un mobilio della tua stanza. Tu sei la tua stanza.  E la gente non bussa, entra. Fa casino, si siede, ti calpesta, ti usa, ti lascia sul pavimento. Ma cosa importa?  Tu sei già il pavimento. Tu sei ogni mattonella, e la gente entra e ti scheggia,  ti sporca. Entrano nella stanza quando vogliono e senza salutare se ne vanno. Loro entrano, capisci? Mettono in disordine,  scelgono i tuoi libri, ti scelgono a seconda dell'umore. Di cosa hanno bisogno ora? Delle finestre aperte che fanno di te aria nuova nelle loro esistenze? Tranquillo non tarderanno ad aprirti, usare ogni maniglia, imprimere le loro impronte digitali sulla tua mente, sul tuo cuore. Perché?  Perché è così,  semplicemente. Perché la gente entra senza bussare, entra ed esce, non sbircia per vedere se ci sono fiori sul tavolo, se possono aiutarti a cambiare le lenzuola. No, la gente entra ed esce quando vuole e come vuole. E tu sei sempre lì,  un po' accogli, un po' li lasci passare come se fosse un loro diritto. Ecco non dimenticare mai che non lo è. Che se lasci la porta aperta è perché speri ancora che possa entrare qualcuno di buono che voglia anche restare.
Tu. Poi ci sei tu. Ci sei stato. Hai osservato libri foto quadri. Perfino la polvere sui mobili hai scrutato. Tu non mi hai portato fiori o gioielli, ma un po' di musica Sì.
Amore, saresti dovuto tornare per stare davanti alla porta, chiuderci dentro a fare l'amore, ridere e dormire. E lasciare tutto il resto fuori.

domenica 1 settembre 2013

è bene che si scriva dell amore, tanto nessuno ne sa niente

Sdraiarsi in un letto vuoto e riempirlo di gesti frenetici
Respirare profumi illogici
Fragranze invisibili
Ombre in movimento
Lento
Parlami dell'amore ma dammi il tuo miele
Fiele
Cantami dei poeti, maledetti indemoniati
Rovinati
Tutti in struggimenti
Penitenti
A gridare alla luna, scoperchiare i mari, dare noia agli dei
Che l'amante e' distante
Cuori che si infrangono come vetri
E anime di plastica che si vendono per un solo bacio
Un gesto solo  un solo respiro
E senza l'altro muoiono
È bene che si scriva dell'amore, che si facciano fantasie scabrose, che si sognino gli amplessi
Tanto di quello vero nessuno ne sa niente
Non si dice, lo si tace
Che c'è quello forte, quello che s' arrende
Quello che al cuor, s' appende
Siamo corde intorno al collo del nostro amato
Stringiamo per segnare il territorio
È bene che si scriva dell'amore
Che si scriva tanto, fino a perdere la mano, le forze
Il desiderio di possesso
Fino allo svuotamento
E quello che viene dopo a riempirlo
Non lo nomino nemmeno
Inizia per gioco, passatempo musicale
Nei silenzi, suoniamo
Cazzo, vieni qui, lo sai che ti amo.